Il restauro degli intonaci antichi

Da qualche tempo si osserva una maggiore sensibilità verso la conservazione e il recupero dei vecchi intonaci. Fino agli anni ’80, e anche oltre, gli interventi conservativi erano riservati alle superfici cosiddette “di pregio”, sottoposte a vincolo dalle Soprintendenze; quelle “povere” venivano per lo più demolite e ricostruite senza porsi troppi problemi. Ancora oggi, gli intonaci antichi privi di interesse storico sono poco o per niente tutelati.
E’ invece molto importante salvaguardarli. Le qualità dei vecchi intonaci preindustriali – traspirabilità, armonia estetica, durata nel tempo – non sono garantite da nessun tipo di intonaco nuovo. Gli intonaci moderni sono qualitativamente peggiori di quelli antichi, perché ricchi di cemento e lavorati meno bene. Le vecchie malte hanno resistito per secoli agli agenti atmosferici e quasi sempre mantengono tracce del colore originale. Spesso occorre più tempo a staccarle dal muro di quanto ne occorra agli intonaci moderni per cadere da soli.
Per questi motivi, anche volendo ragionare in termini strettamente economici, è conveniente conservare un intonaco antico piuttosto che demolirlo e sostituirlo. Se l’intonaco nuovo si degrada dopo poco tempo il costo dell’intervento, solo in apparenza inferiore, è in realtà molto elevato perché bisogna rifare tutto. Inoltre, con la stesura di una finitura peggiore di quella che è stata distrutta, si ha in definitiva una riduzione del valore di mercato dell’edificio.
Per poter effettuare interventi efficaci e rispettosi dell’esistente è necessario sia conoscere bene gli intonaci antichi e la loro struttura, sia possedere le tecniche e la sensibilità artistica che permettono di consolidarli, proteggerli e mantenerli. A monte di un intervento ben fatto devono esserci: la conoscenza delle tecniche tradizionali di intonacatura e dei metodi di applicazione, lo studio dei materiali, una scelta accurata delle materie prime, il dosaggio dei componenti, la padronanza delle sequenze e dei tempi operativi.

Tecniche di intervento

1. Indagini preliminari
Necessarie per individuare con esattezza la tipologia del supporto e le cause del degrado in atto. Si procede sia con l’esame in loco, sia con il prelievo e l’analisi di campioni di intonaco. In quest’ultimo caso è utile la collaborazione con un laboratorio specializzato.
Le indagini più importanti sono:
– L’analisi stratigrafica, per individuare la natura dei leganti e degli inerti;
– La verifica dell’adesione del rivestimento al supporto e degli strati del rivestimento tra loro;
– Il controllo del grado di umidità relativa;
– La localizzazione di eventuali efflorescenze saline, cavillature e crepe.

L’analisi dei sali solubili e la misura della porosità (porosimetria a mercurio) sono tecniche indispensabili per conoscere la struttura e lo stato di conservazione delle superfici intonacate e per indirizzare le fasi d’intervento.

2. Pulitura
Con la pulitura si rimuovono i materiali accumulati sia naturalmente (croste, depositi, muffe) che intenzionalmente (ridipinture, riparazioni). La pulitura deve essere attentamente valutata in base al degrado specifico degli strati che costituiscono l’intonaco.
Metodi principali:
a) Rimozione meccanica, ovvero pulitura manuale della superficie tramite bisturi, raschietti, spatole, pennelli morbidi, spazzole di nylon e di saggina.
b) Microsabbiatura, efficace per la rimozione di residui di stuccature e di escrescenze superficiali.
c) Pulitura chimica con impacchi di bicarbonato di ammonio eseguiti con polpa di carta o fogli di kleenex. Metodo particolarmente efficace per la rimozione dei sali.

Al termine delle operazioni va effettuata una valutazione del comportamento delle superfici.

3. Consolidamento
Serve a riaggregare l’intonaco intervenendo sulle microfratture (consolidamento corticale) e sulle fessurazioni più profonde (consolidamento in profondità). I materiali utilizzati devono essere compatibili con quelli preesistenti. Tra i prodotti più utilizzati, l’acqua di calce e il silicato di etile.
Stuccatura delle fessure. Le fessure profonde devono essere ben ripulite e stuccate con malte di calce aerea, anche additivate con pozzolana o coccio pesto. La stuccatura di superficie deve avere granulometria simile a quella dell’ultimo strato dell’intonaco.

4. Risarcimento delle lacune e rappezzatura
Laddove necessari (quando i distacchi sono irrecuperabili), i rappezzi devono essere eseguiti con materiali del tutto simili a quelli esistenti, cercando di ottenere anche i medesimi valori di elasticità e traspirabilità. Non bisogna mai sovrapporre il nuovo intonaco a quello vecchio.
L’esecuzione dei rappezzi deve seguire le tre fasi tradizionali degli intonaci a calce: rinzaffo, arriccio e finitura.
Enrico Remori – Tre Mani Design

Posted on 4 maggio 2015 in PARLIAMO DI ARCHITETTURA

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